martedì 26 luglio 2011

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA: IL SAPORE DEL SANGUE


Dovete sapere che gli attori si dividono sostanzialmente in due categorie:
"Attori che lavorano" e "Attori che NON lavorano". 
I primi solitamente appaiono solari, dal liscio incarnato e parlano, parlano, parlano molto volentieri di loro stessi, delle incredibili e formative esperienze che stanno facendo o dei contratti che hanno firmato o firmeranno.
Capita di incontrarli in un foyeur di teatro, ad una festa,  ti salutano velocemente con uno sbrigativo e per nulla sentito "Ciao, come stai?" e tu rispondi a tono con un asciuttissimo e falsissimo "Bene!" e cerchi di dartela a gambe il più in fretta possibile, ma lui -che lo sa-  passa in controtempo alla seconda domanda:
" Che stai facendo in questo periodo? Lavori?".
Questa DOMANDA,  che a noi attori risulta più fastidiosa di una scopa nel culo ( mi scuso per l'esempio con tutti quei colleghi attori che invece la considerano una pratica piacevole)  e che per chiunque di voi invece potrebbe sembrare una domanda banale, pur parler, in realtà è: un coltello a serramanico deliberatamente puntato alla vostra gola.

Sostanzialmente "l'attore che lavora" si augura, spera, che la risposta dell'altro sia: "No, non sto facendo niente. Non ho il tuo talento. Non valgo quanto te. Sto pensando seriamente di frequentare la Scuola Radio Elettra" e lo spera, non perchè abbia qualcosa contro di voi, nooo, vi adora,  ma semplicemente perchè l'insuccesso di uno alimenta l'ego, molto spesso insicuro, dell'altro.

L'attore in genere che, tengo a precisarlo è un essere umano, vorrebbe non esserlo, ma è e rimane un essere umano,  si ostina  a voler dare un senso, quasi "profetico" alla sua vita-  fin da piccolo sapevo che il mio destino era calcare il palcoscenico cagate del genere- e dare un senso a tutto ciò che gli capita: "Sto lavorando" si dice il nostro attore con contratto capestro a tempo determinatissimo "Quindi se in  guerra tutti periscono e io sopravvivo allora valgo qualcosa? Sto salendo quella scala che anticamente i miei predecessori chiamavano " FARE CARRIERA?".

No! E' doloroso, ingiusto sentirselo dire, ma NO! Fidatevi.

Oggidì, finito un lavoro non ne segue un altro, come sarebbe giusto anzi, forse passerano molti mesi prima di un altro ingaggio addirittura anni,  e con tutta probabilità il nostro amico attore dovrà  andarselo a mendicare, pagare qualche laboratorio sperando che si tratti di un provino,  imbucandosi a qualche festa- che nel nostro ambiente soprattutto quello cinematografico romano assomigliano ad un grande ufficio di collocamento con in più della musica dance di sottofondo-  e se infine riuscirà a trovarlo questo ingagio potete essere certi che : non sarà né migliore, né peggiore di quello concluso mesi orsono, nella migliore delle ipotesi questo nuovissimo ingagio sarà  U-guale.

Se con molta probabilità non lo troverà, non temete "attori disoccupati" vi capiterà sicuramente di rincontrarlo ad un'altra delle nostre numerose feste (fatte anche per ubriacarci in compagnia e non sentirci alcolizzati se lo facciamo da soli)  scorgerlo tra la folla festante, salutarlo velocemente con uno sbrigativo e per nulla sentito "Come stai?" e sentire lui rispondere a tono con un asciuttissimo e falsissimo "Bene!".
Lo osserverete con una punta di sadismo, mentre cerca penosamente di darsela a gambe e voi, che lo sapete, passerete in controtempo alla seconda domanda,  magari se ve la sentiste potreste essere un pelo più crudeli e gettarlo nello smarrimento:
"Che stai facendo in questo periodo? OHh perdonami. sono stato indiscreto so che non stai lavorando, me l'avevano detto...chi me l'ha detto? Ma caro, tutti lo sanno!!"

Volendo, potreste anche non comportarvi così. 
Potreste spezzare la catena, fare la differenza.
Potreste decidere di essere saggi per esempio.
Se foste saggi potreste decidere di chiuderla con la storia del destino, smettere di dare un senso "profetico" alle cose che vi capitano e sentirvi finalmente leggeri; se foste saggi potreste smetterla di pensare al concetto ormai desueto  di  "carriera"; se foste saggi potreste arrivare a capire che nel nostro lavoro è inutile cercare di vivere ma vi limitereste a "sopravvivere" ed infine se foste saggi potreste prendere sottobraccio il vostro " Collega ritornato disoccupato", guardarlo con occhio pieno di vera, mi raccomando "vera" comprensione, offrirgli un paio di bicchieri di vino, e contravvenendo alle più normali abitudini del "nostro ambiente", potreste chiedergli "veramente" : "Come stai?".
Pensate, se foste saggi potreste addirittura parlare di qualcos' altro che non sia il teatro.. 

MA NOOO! Non fatevi fregare! Andiamo, non diciamo sciocchezze! Sentite: se fossimo saggi non avremo nemmeno fatto questo lavoro, quindi affilate i coltelli!!!


2 commenti:

Francesca Cavallo ha detto...

Anche io credo che storia dell'essere destinati sia una boiata. Anche quella del "so fare solo questo". Bisogna saper fare molte cose. Come in qualsiasi altro lavoro.

Anonimo ha detto...

Non sai quante volte mi è capitato e quante volte ci ho rimuginato sopra: sono arrivata alla conclusione che più di un atteggiamento, come spesso l'ho considerato, questa è una pratica, così radicata in questo ambiente da essere impossibile da eliminare. La soluzione potrebbe anche essere stare alla larga "dal giro" per un po'...oppure fregarsene con gran classe. E, all'incontro con il fantomatico, dire "non ho niente in vista, ma sai che c'è? la ruota gira" e sfoggiare in un sorriso splendente il lavoro del tuo dentista, passando oltre.
LaFra Rada